Tavola Rotonda su “Economia, sicurezza, etica nell’era della globalizzazione”
Banca Popolare di Milano, Sala delle Colonne, 30 ottobre 2003
L’iniziativa, che ha visto in prima fila nel lavoro di preparazione ed organizzazione il consigliere Claudio Procaccini Di Monsanvito con il segretario Gabriele Aru, ha potuto contare sul sostegno e l’adesione di Roberto Mazzotta, presidente della Banca Popolare di Milano, nonché del socio Ernesto Paolillo.
Numerosi sono stati i Cittadini Benemeriti presenti che hanno seguito le relazioni svolte da Michele Luca Carpaneda, Presidente Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano, da Angelo Ferrara, Generale di Corpo d’Armata, Comandante Interregionale Alta Italia nord occidentale della Guardia di Finanza, e da Monsignor Franco Buzzi, Dottore della Biblioteca Ambrosiana.
Nella sua relazione Michele Luca Carpaneda si è soffermato sul ruolo della piccola e media impresa che, rappresentando ben il 95% delle imprese italiane, caratterizza con elementi di tipicità la nostra economia con una incidenza unica rispetto agli altri Paesi europei ed all’economia a livello mondiale. Una piccola e media impresa attorno a cui negli anni ‘60, nel momento del “miracolo economico”, si è segnato l’ingresso dell’Italia tra i Paesi più industrializzati del mondo, con il passaggio da una economia basata sull’agricoltura e sulla trasformazione dei prodotti agricoli ad una vera e propria economia industriale, fonte di occupazione e di benessere, di progresso sociale e culturale per sempre più larghe fasce di cittadini.
Nell’ultimo decennio la stessa piccola e media impresa è stata protagonista di una ulteriore fase di trasformazione della vita economica, con il passaggio ad un terziario avanzato, col moltiplicarsi di piccole e medie imprese nell’area dei servizi.
La globalizzazione dell’economia e dei mercati, ineluttabile conseguenza della liberalizzazione dei commerci e della circolazione delle merci, stanno determinando difficoltà e situazioni di crisi per le piccole e medie imprese italiane proprio per le loro peculiari caratteristiche. Difficoltà da cui si può uscire solo con una forte ripresa delle capacità di innovazione tecnologica e ricerca applicata che furono il motore dello sviluppo della piccola e media impresa negli anni ‘60. Una globalizzazione che può divenire opportunità di sviluppo nella misura in cui sia accompagnata da un rilancio dell’istruzione universitaria nei settori tecnici, invertendo l’attuale tendenza che vede una marcata diminuzione gli studenti universitari nelle facoltà tecniche e scientifiche.
Il Generale Angelo Ferrara ha tracciato un’ampia panoramica delle problematiche attinenti la sicurezza che non riguarda più soltanto la protezione dei cittadini da pericoli violenti all’interno o all’esterno dei confini, nei confronti di una minaccia e di un nemico ben definiti ed individuabili.
Le dimensioni globali di alcuni dei rischi, della minaccia terroristica, impongono ai singoli Stati la necessità di perseguire un’offerta di sicurezza che superi l’ambito esclusivamente politico-militare e del controllo sociale. Una sicurezza che si estenda anche oltre la dimensione economica, fino a comprendere gli aspetti ambientali, demografici e dei flussi migratori, della regolazione giuridica, della cultura della legalità e della trasparenza, della cooperazione internazionale a livello legislativo e giudiziario, nonché della collaborazione operativa tra organismi di contrasto e di intelligence.
Il concetto di sicurezza ha via via assunto dimensioni più orizzontali e globali in un’ottica non solo di intervento ma anche di prevenzione. Povertà, malattie, conflitti interni, degrado, delegittimazione delle istituzioni statali, gravi diseguaglianze nella distribuzione ed allocazione delle risorse, oltre a minare la sicurezza della popolazioni costituiscono, al tempo stesso, minacce da fronteggiare anche ai fini della sicurezza internazionale.
La strategia più efficace sembrerebbe quella in grado di unire alla “rapidità” della risposta nei momenti di crisi ed all’incisività dell’azione di contrasto alla criminalità transnazionale ed al terrorismo, una policy di prevenzione che possa influire sulla stabilizzazione delle aree di crisi. Si avverte l’esigenza di una governance più partecipata, del coinvolgimento di molteplici soggetti a livello internazionale, statali e non, in un sistema di regole condivise.
L’economia e la finanza rappresentano uno dei settori in cui appare fondamentale la realizzazione di una governance condivisa. Il problema del rapporto tra conflittualità e mercato, tra economia e sicurezza, può essere correttamente impostato analizzando le condizioni, i limiti, e le regole con cui il mercato può produrre effetti benefici e di prevenzione.
Monsignor Franco Buzzi ha sostenuto che occorre prendere atto della globalizzazione, prima di darne un qualsiasi giudizio in quanto fatto ineluttabile, evento inevitabile come aveva previsto nel lontano 1928 Don Luigi Sturzo quando rifletteva sull’economia internazionale, sulla potenza acquisita dal “capitalismo internazionale che, superando confini statali e limiti geografici, viene a costituire uno Stato nello Stato.
Il timore è simile a quello per le acque di un fiume: davanti al pericolo di uno straripamento gli uomini si sforzano di garantire città e campagne con canali, dighe, opere di difesa e lo utilizzano per la navigazione, l’irrigazione, la forza motrice e così via. Il grande fiume è una grande ricchezza che può essere un grave danno: dipende dagli uomini, evitare questo danno. Quello che non dipende dagli uomini è che il fiume non esista. Così è del fiume dell’economia internazionale”.
Globalizzazione dell’economia vuol dire sviluppo e può voler dire arretratezza, anzi regressione, progresso oppure, regresso. Tocca agli uomini volgere il fenomeno inarrestabile della globalizzazione al bene di tutta l’umanità. Nell’espressione “volgere al bene” si evidenzia il compito etico che viene assegnato a noi che viviamo nell’era della globalizzazione. Un compito di “volgere al bene di tutti” nel moltiplicarsi delle relazioni sociali che era stato visto da Papa Giovanni XXIII nel 1963 con la “Pacem in terris”: “i progressi delle scienze e delle tecniche incidono sugli esseri umani, li sollecitano a collaborare tra loro e li orientano verso una convivenza unitaria a raggio mondiale.
Si è accentuata la comunicazione delle idee, degli uomini e delle cose, si sono infittiti i rapporti tra i cittadini, le famiglie, i corpi intermedi appartenenti a diverse comunità politiche”. “Nessuna comunità politica è in grado di perseguire i suoi interessi e di svilupparsi chiudendosi in se stessa perché la sua prosperità e il suo sviluppo sono il riflesso ed una componente del grado di prosperità e dello sviluppo di tutte le altre comunità politiche”.
Da queste affermazioni nasce il compito etico, che si precisa come necessità morale per tutti i soggetti attivi nella società, di incrementare lo sviluppo anche economico di popoli che non hanno ancora raggiunto il livello di benessere di Paesi più progrediti. Dalla pari dignità di tutti gli esseri umani deriva la necessità di offrire a tutti un benessere economico i cui fattori ed attori, in una società basata su una economia di mercato sono le imprese, le istituzioni ed i cittadini consumatori. Ciascuno di questi fattori/attori opera con obiettivi e pone in atto decisioni che non possono prescindere dai principi dell’etica per contribuire al benessere della società nel suo insieme.